Dio è fedele

Dio è fedele

La Parola di Dio che la Santa Chiesa proclama nella Liturgia di oggi è preziosissima.

È una chiave di comprensione di tutta la storia dell’umanità, ma in particolare di questo preciso momento che stiamo vivendo.

Siamo alla fine della V settimana di Quaresima, Prima di Passione, alla porta della Settimana Santa, che culmina con la celebrazione del Solenne Triduo Pasquale.

Il Signore si accinge ad entrare in Gerusalemme, per essere consegnato nelle mani dei suoi nemici, affinché si compia il Disegno del Padre su di Lui.

Prima di presentarci la sequenza degli avvenimenti che culminano con la morte di Gesù, l’evangelista Giovanni ci rende conto della decisione del Sinedrio che porta alla sua condanna.

Gesù ha appena risuscitato Lazzaro.

Precedentemente i giudei, gli ebrei della zona di Gerusalemme, il sud della Palestina, non avevano voluto accogliere la testimonianza di Gesù, ritenendo poco attendibile la testimonianza dei Galilei riguardo ai suoi miracoli, che in quella regione del nord erano avvenuti in abbondanza.

Ogni volta che Gesù era andato in Galilea per una festa era stato messo alla prova e sostanzialmente rifiutato.

Ora però il miracolo della risurrezione di Lazzaro è un segno inequivocabile, avvenuto proprio alle porte di Gerusalemme. Lazzaro era poi un personaggio pubblico e questa risurrezione non poteva essere negata, visto che già mandava cattivo odore. Non poteva essere ritenuta una morte apparente.

Infatti così comunicano i capi dei sacerdoti e i farisei al sinedrio: “Quest’uomo compie molti segni. Se lo lasciamo continuare così, tutti crederanno in lui, verranno i Romani e distruggeranno il nostro tempio e la nostra nazione“.

È la prima volta che chi accusa Gesù non attacca il contenuto del suo insegnamento.

Si può dire che è la prima volta che i suoi avversari non sono ipocriti. Sinceramente dichiarano cosa sta loro a cuore, non la ricerca della verità, ma salvare il tempio e la nazione.

Questa preoccupazione era peraltro motivata.

Proprio la prima lettura di oggi ci riporta la promessa di Dio attraverso il Profeta Ezechiele: vi ricondurrò alla vostra terra e mi adorerete nel mio santuario.

Questo è il crocevia della storia. Infatti si può avere una fede in Dio che si ferma a quello che ci fa comodo.

Ai capi dei Giudei faceva comodo credere che Dio volesse davvero essere fedele alla promessa di mantenere il suo popolo sulla terra che gli aveva dato e con il Tempio dove abitava. Ma credevano che la realizzazione di questa promessa passasse attraverso l’opera delle loro mani. Non credevano fino in fondo che Dio avrebbe realizzato la Sua promessa, prima o poi, nonostante tutto. Quindi erano incapaci di aspettare e di accettare le apparenti contraddizioni con la promessa. Non le accettavano proprio mentalmente, se le vedevano le negavano.

Negavano perfino la testimonianza oculare dei miracoli.

Perché essi scombinavano il loro modo di vedere la realizzazione della Promessa.

Essi credevano di dover difendere la terra e il tempio dai nemici con la loro prudenza.

Se tutti credono in Gesù, i Romani si insospettiscono, ci muovono guerra e ci distruggono.

Infatti poi, proprio loro, che si facevano paladini della legge, diranno a Pilato: “Non abbiamo altro re che Cesare!” L’offesa più grande che si potesse rivolgere alla promessa di quel Dio che aveva annunciato di voler stabilire il Suo Regno sulla casa di Davide per sempre.

Avrebbero dovuto dire piuttosto: “Non abbiamo altro re che Davide!”, se avessero davvero creduto in Dio. Ma già poco prima avevano suscitato la paura di Pilato dicendo: “Chi si fa re si mette contro Cesare!”

Occorre ricordare che in tutta la Storia della Salvezza il Signore aveva mostrato in ogni situazione – fughe, battaglie, conquiste – di essere Lui ad operare la salvezza e la vittoria del Suo popolo.

Quando l’esercito era troppo forte, aveva richiesto di ridurlo ad una quisquiglia, affinché successivamente non potessero dire di aver vinto per la loro forza militare.

Ora invece essi rifiutano uno che si presenta come Dio per paura di mettere in pericolo il Tempio e la Terra Promessa. Otterranno esattamente quello che volevano evitare: dopo poco i Romani verranno e distruggeranno Gerusalemme e il tempio, e deporteranno il popolo per ogni dove.

Così Pilato, che si era lasciato guidare dal suggerimento di prudenza di costoro, verrà allontanato e distrutto da quel Cesare, che pensava di tenersi buono.

Ma vediamo come Caifa, sommo sacerdote, chiude la discussione: “Voi non capite niente”. Si irrita perché c’è discussione su un punto che per lui è evidente: secondo lui infatti non si doveva nemmeno discutere, era ovvio che il sacrificio di uno solo fosse migliore del pericolo di tutto il popolo.

Il fine giustifica i mezzi. Principio mascherato da una apparente scelta del male minore. Se noi uccidiamo uno solo, salviamo tutti.

Ma senza volerlo, come nota l’Evangelista, proprio nell’esprimere questo suo pensiero ratifica il Disegno di Dio su Gesù: deve morire Gesù solo per salvare tutto il popolo.

La salvezza di Gesù viene quindi riconosciuta da lui fonte di salvezza per tutto il popolo di Israele, senza rendersi conto.

Ecco che egli rinnova la profezia di Ezechiele. Questi infatti aveva detto a nome di Dio: “Un solo re regnerà su tutti loro e non saranno più due popoli, né saranno più divisi in due regni”.

La lettura superficiale di questa profezia può cadere nel tranello di riferirla alla divisione degli Ebrei di quel tempo in due regni. Così non ci si rende conto che il Signore invece vuole riunire il popolo della prima Alleanza, il popolo d’Israele, con quello della Nuova Alleanza, il popolo cristiano.

Infatti poi nell’Apocalisse il Signore ci mostra ventiquattro vegliardi, dodici e dodici, rappresentanti il popolo delle dodici tribù di Israele unito a quello della discendenza spirituale dei dodici Apostoli.

E Caifa, che in quel momento rifiuta di accogliere Gesù come salvatore nell’immediatezza, lo riconosce proprio in quello stesso atto salvezza del Popolo. Ecco quindi il perché lo Spirito Santo gli ha anche permesso di dire apparentemente la stessa cosa del Sinedrio, ma con una opposizione forte.

Se costoro avessero avuto veramente fede, cioè fiducia in Dio, se fossero stati sicuri che Dio non viene MAI meno alle Sue Promesse, non si sarebbero preoccupati di difendere il Piano di Dio con la violenza, ma avrebbero cercato di comprendere cosa Dio stesse dicendo loro in quel momento, attraverso quello che permetteva che accadesse davanti ai loro occhi, attraverso l’avvenimento della Persona di Gesù, e lo avrebbero fatto nella Verità.

Invece il loro atteggiamento smaschera la paura che li anima, quasi che il Piano di Dio dipendesse dalla loro capacità di tenersi stretto il Tempio o la Terra.

Allora noi vediamo che, come nella prima pagina della Parola di Dio, il primo peccato è la mancanza di fiducia nella Parola data da Dio, così ora la stessa mancanza di fede è la radice del peccato più drammatico della storia di Israele, con il quale esso si chiama addosso tutto quello che poi dolorosamente dobbiamo constatare che la storia ha realmente compiuto: “Il Suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli“.

Tragica profezia, ma anche questa profezia di salvezza.

Sarà infatti proprio il Sangue di Gesù versato sul Suo Popolo che permetterà loro alla fine di salvarsi. Ecco perché tutto questo è l’anticamera della Settimana Santa: Gesù infatti purifica il primo peccato nella sua Morte in Croce.

Egli ha fiducia nel padre fino a versare il Suo Sangue.

E, come aveva anticipato, questa sua testimonianza, anche se testimonia in favore di Se Stesso, è vera.

Infatti Egli deve testimoniare quello che serve a noi per essere salvi. E la certezza della Sua sincerità diventa luce proprio sulla Croce dove versa il Suo Sangue: infatti Gesù con la Sua testimonianza non ha guadagnato nulla per Se Stesso, ma solo a nostro favore.

Non possiamo dunque dubitare della Sua sincerità.

Non c’è alcun altro uomo sulla terra che possa mostrare una sincerità uguale.

Tutti testimoniano qualcosa per il vantaggio che ne traggono.

Solo Gesù, e chi muore per la Verità, come Lui, i Martiri Santi, possono vantare questa sincerità.

Qui si comprende l’ultima beatitudine: “Beati voi, quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e mentendo diranno ogni sorta di male contro di voi per causa Mia“.

Infatti Gesù è la Verità, e ognuno che offre se stesso per la Verità è oggetto di questa beatitudine. E Gesù promette una beatitudine eterna che però inizia subito: “Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei Cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti che erano prima di voi”.

Supplichiamo il Cuore Immacolato della Beata Vergine Maria di allontanare dal nostro cuore ogni incertezza riguardo alla fedeltà di Dio alla Sua Promessa.

Egli è Onnipotente, nulla può impedirgli di compiere il Suo Disegno d’Amore per noi. Non dobbiamo credere noi di poter difendere quello che Lui ci ha promesso o donato, venendo meno ai suoi comandi. Non è possibile.

Se vengo meno ai Suoi comandi vuol dire che non mi fido di Lui. E così mi escludo dalla Sua Promessa.

Anche quando obbedire ai Suoi comandi sembra permettere che l’oggetto della Sua Promessa sia distrutto, non dobbiamo cedere alla tentazione, mai, noi dobbiamo in ogni circostanza continuare a fidarci di Lui, perché non ci tradirà mai, né mai permetterà che ci sia tolto il Vero Bene.

Dio è sempre fedele alla Sua Promessa!

Amen.

Francesco d’Erasmo, 4 aprile 2020.

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