Tempo di cambiamento

Oggi, anche in chiesa, spesso si sente parlare di cambiamento.

Cambia questo, cambia quello, in un luogo si dice una cosa, altrove il contrario, sembra che non ci sia più nulla di stabile.

Sembra che senza cambiamento non ci sia novità. Si prende anche pretesto dalle parole di Gesù: “vino nuovo in otri nuovi”.

Chi rimane perplesso, viene facilmente chiamato fariseo. Solo perché non capisce che frutti possa portare il cambiare per cambiare.

Insomma, sembrerebbe che, se non si cambia tutto tutto costantemente, si rimane incastrati dentro un vecchiume da buttare.

Veramente tutto ciò che viene dal passato va buttato via?

Qual è il vero insegnamento della Chiesa su questo?

Per rispondere a questa domanda bisogna tener conto della mentalità del mondo in cui viviamo.

Questa insistenza sul cambiamento a tutti i costi, in realtà, è da qualche secolo ormai una mentalità che si è voluta imporre, prima in occidente e poi mano mano in tutto il mondo. E’ stato uno strumento astuto di lotta per il potere, è un tema culturale. Non è una moda spontanea, è un pensiero che alcuni mano mano sono riusciti a imporre. Basta osservare lo svoglimento della storia della filosofia negli ultimi secoli per rendersene conto.

Coloro che, dall’interno della stessa Chiesa, vorrebbero che essa semplicemente seguisse questo fiume, non sono proprio degli apripista. Anzi, sono loro stessi che si lamentano del ritardo. Si dice che è l’ora di smetterla con le cose del passato, di aprirsi al futuro, per essere al passo coi tempi ed evitare di essere condannati a finire come tutte le cose antiche: magari belle, ma morte.

Se però si presta attenzione, in realtà, in tutti gli argomenti di costoro, non c’è nulla che venga dalla nostra fede. Anzi, i Papi dell’ottocento e del novecento hanno ripetutamente denunciato come tale pensiero sia stato orchestrato dai nemici della Santa Chiesa per distruggerla.

Molto spesso, si gioca sull’ignoranza di chi ingenuamente si fida di coloro che si presentano come pastori. Essi affermano per esempio che è lo “spirito del Concilio Vaticano II” che impone questi cambiamenti, e coloro che li rifiutano sarebbero “nemici del Concilio”, accusandoli addirittura di rifiutare il magistero della Chiesa. Ma la stessa Costruzione Gaudium et Spes, bandiera di questi tali, afferma esplicitamente l’opposto. Al n. 10 leggiamo infatti: “La Chiesa afferma che al di sopra di tutti i mutamenti ci sono cose che non cambiano; esse trovano il loro fondamento in Cristo, che è sempre lo stesso: ieri, oggi e nei secoli (cfr. Eb 13, 8)“.

Però, con astuzia, alcuni vogliono far credere che non sia così, allora ci presentano alcune parole della Sacra Scrittura, manipolate astutamente, estrapolate maliziosamente dal loro contesto, per far credere che anche Gesù fosse uno che cambiava tutto, che voleva una svolta, che denunciava chi si attaccava alle abitudini… Se non siamo attenti a comprendere quello che veramente Gesùdice, nel contesto della Sua predicazione, rischiamo davvero di lasciarci sedurre da argomentazioni incantatrici e ingannatrici.

Cerchiamo allora di comprendere bene la questione. Dov’è l’inganno?

Anzitutto: qual è il metodo con cui si formulano questi ragionamenti? In logica si dice che sono dei sillogismi errati, falsi. Si fa un ragionamento usando determinate parole, ma chi ascolta non si rende conto che la stessa parola, durante l’argomentazione, viene usata via via con significati diversi.

Si usa sempre la stessa parola, ma è un parola che ha più significati. E, man mano che il ragionamento corre, la parola rimane quella, i significati cambiano, e le conclusioni non sono vere, ma chi ascolta non si rende conto, perché la parola è sempre quella. E’ come il gioco delle tre carte: chi muove le carte è così abile, che tu credi di fissare gli occhi su una carta, ma quando non te ne accorgi essa viene sostituita da un’altra.

Tornando al nostro argomento, in breve si può dire che quando Gesù parla di cambiamento, chiede di abbandonare la mentalità del mondo per abbracciare la mentalità di Dio. Quindi il cambiamento di cui parla Gesù è la conversione dal modo di ragionare degli uomini, o del mondo, per abbracciare quello di Dio.

E Gesù chiama “vecchio” ciò che è del mondo e “nuovo” ciò che è di Dio.

Invece, chi ci vuole convincere che dobbiamo buttare via tutte le cose che vengono dal passato e fare cose tutte diverse, parla in modo cronologico. Per Gesù le cose vecchie e quelle nuove non hanno un legame con una epoca o con una cultura o un periodo storico.

Tutte le cose che appartengono al mondo vanno abbandonate, per abbracciare quelle che corrispondono a Dio. A volte le cose da abbandonare sono più recenti, più “nuove”, cronologicamente, di quelle da abbracciare. Come nel dibattito sul divorzio. Chi cerca di cogliere in fallo Gesù parla di norme successive al Decalogo, e Gesù, per essere chiaro, richiama addirittura il momento stesso della Creazione. Più vecchio non si può!

Invece, chi manipola le Sue parole, identifica il nuovo con il diverso, o con quello che viene dopo, e il gioco è fatto.

Allora oggi si dice che bisogna imparare da tutto ciò che è diverso da noi: secondo questo ragionamento, i cattolici dovrebbero imparare dai cristiani non cattolici, i cristiani dai non cristiani, i credenti da chi non ha fede. Chi ama la Tradizione dovrebbe “rinnovarsi” aprendosi al mondo contemporaneo.

Peccato che Gesù diceva esattamente l’opposto!

A Pietro, subito dopo averlo investito del potere delle chiavi, Gesù si rivolgerà con le parole più dure che si possano immaginare, lo chiama addirittura “satana”, perché non pensa secondo Dio, ma secondo gli uomini.

Pietro concepiva la missione di Gesù esattamente come i suoi contemporanei. E per questo viene chiamato in quel modo dal Signore.

Allora è vero che dobbiamo cambiare!

Questa parola è proprio l’inizio della predicazione di Gesù: dobbiamo cambiare mentalità, smettere di pensare secondo il mondo e cominciare ad abbracciare la mentalità di Dio.

Questa è l’unica vera novità!

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