Castighi e misericordia di Dio

Oggi, -anzi , in Italia fino a domenica 8 marzo-, e da molto tempo, nelle chiese non si sente più parlare di castighi.

Se talvolta qualche sacerdote prende l’argomento, quasi sempre lo fa, o lo faceva, per affermare che Dio non può castigare perché è misericordioso.

Si presenta come un fatto evidente l’opposizione tra castigo e amore misericordioso di Dio, facendo intendere che chi ama non può castigare, e che chi castiga non ama.

Pertanto, visto che Dio è amore, non può castigare.

Si accusa di fatto di eresia chi parla in modo diverso, a volte anche mettendo in serie difficoltà tali sacerdoti, e si obbligano i credenti a credere che una parte molto importante della Parola di Dio sia da interpretare diversamente da quello che esplicitamente afferma.

Facendo quindi pensare che la Parola di Dio voglia dire sempre cose diverse da quelle che effettivamente dice.

Si crea quindi in modo diretto una correzione della Parola di Dio, in nome di una interpretazione che viene fatta passare per quella della Chiesa Cattolica, e in modo indiretto si induce un approccio generale alla Parola di Dio in cui l’interpretazione sembra essere necessariamente molto diversa dal significato evidente e semplice dei testi.

Anzitutto voglio rammentare le osservazioni fatte da Benedetto XVI nei suoi Appunti sul problema dello scandalo degli abusi nella Chiesa dell’aprile 2019, pubblicati sul Klerusblatt, in Italia pubblicati dal Corriere e altri.

Il pontefice teologo ci ricorda che, specialmente a partire dagli anni ’60, nella Chiesa Cattolica l’impianto giuridico non ha reso di fatto più possibile difendersi dagli errori dottrinali, favorendo anzi chi insegnava ai futuri sacerdoti dottrine diverse o perfino contrastanti con quelle autentiche della Chiesa, senza che ci fossero mezzi per impedirlo.

Un po’ come un virus senza cure.

E così le nuove dottrine, anche se non sono veramente la dottrina cattolica, si sono diffuse in tutta la Chiesa come se lo fossero, arrivando perfino alla persecuzione di chi cercasse di studiare dottrine più fedeli al Magistero Autentico.

E papa Benedetto racconta esplicitamente dei casi che riguardano ad esempio lo studio dei suoi libri nei seminari. Il parallelo col funzionamento dei virus è proprio impressionante.

Il virus si insedia nel sistema di replicazione del programma di vita delle cellule danneggiandolo, producendo cellule malate e diffondendosi a scapito di quelle sane.

Così la falsa dottrina si diffonde proprio dove si diffondono coloro che poi insegnano la dottrina capillarmente in tutto il corpo della Chiesa, diffondendola a scapito della vera dottrina cattolica.

Non occorre quindi meravigliarsi che dagli altari, o meglio dagli amboni, si sia proclamato spesso per anni un magistero che non è più quello della Chiesa.

Paolo VI, sul finire del suo pontificato, confidò al suo amico Jean Guitton il suo timore in proposito, affermando che in un futuro prossimo si sarebbe arrivati probabilmente a una diffusione di un pensiero non cattolico dentro la Chiesa stessa.

Ma egli aggiunse che, quand’anche questo pensiero fosse diventato il pensiero della maggioranza dei cattolici, non per questo sarebbe mai diventato il pensiero cattolico.

E lo stesso pontefice, che concluse il Concilio Vaticano II, è anche colui che dichiarò allo stesso filosofo che “il fumo di satana è entrato nella chiesa”.

Queste osservazioni servivano per ricordare che la fonte per conoscere il Magistero Autentico della Chiesa, purtroppo, spesso non è più l’ascolto della predicazione dei sacerdoti nelle chiese. Non dovrebbe essere questa la situazione, ma purtroppo, almeno fino alla pausa del Coronavirus, lo è stata in una grandissima parte dei casi.

Ora vorrei entrare nel tema specifico che in questo momento storico interroga molte persone. Gli avvenimenti negativi che interessano l’uomo, possono essere letti solo come fatti casuali?

Oppure sono da attribuire solo alla conseguenza di comportamenti umani, come un meccanismo di causa-effetto?

Come ad esempio quando si afferma che la terra si sta surriscaldando, producendo conseguenze nefaste per l’uomo, come conseguenza meccanica della vita dell’uomo sulla terra, nella sua produzione di gas o altro, rendendo l’incidenza della vita dell’uomo sulla terra del tutto equivalente a quella del bestiame, che anch’esso con i gas prodotti dalla digestione sta incidendo sul clima?

Come vede la fede Cattolica questo tipo di eventi?

Si può essere veri cristiani e credere che invece Dio intervenga nella storia e nella natura modificando le cose per castigare l’uomo?

Qual è la visione cristiana al riguardo?

Anzitutto possiamo consultare facilmente l’ultimo testo sistematico che la Chiesa Cattolica ha promulgato come Magistero Autentico, che presenta la fede cristiana nella sua completezza: il Catechismo della Chiesa Cattolica.

Esso contiene anche un comodo indice tematico, dove troviamo la voce “Castigo”. In esso vediamo subito che ci sono ben sei riferimenti.

Il primo è al paragrafo 211, laddove si parla proprio della manifestazione di Dio, che rivela se stesso, “ricco di misericordia”, e si dice subito che Gesù stesso si rivela con il nome divino. In questo paragrafo leggiamo, a proposito della fedeltà di Dio al Suo amore: “malgrado l’infedeltà del peccato degli uomini e il castigo che merita”. Questa frase potrebbe stupire. Infatti si afferma come una cosa del tutto evidente che il peccato merita il castigo. Si dice senza nemmeno soffermarsi troppo, proprio perché appare una cosa fuori discussione.

Il successivo paragrafo indicato nell’indice, il 1031, fa parte della trattazione del Purgatorio, e distingue appunto questo stato dal “castigo dei dannati”. Anche qui si rende evidente che l’inferno non è la mera conseguenza del male dell’uomo, ma è un castigo inflitto da Dio. Anche qui il testo è posto all’interno della trattazione senza mostrare alcun senso di difficoltà. Chi scrive non sente assolutamente il dovere di dare spiegazioni, come se questa affermazione potesse suscitare perplessità.

Il terzo passo citato, 1828, tratta delle motivazioni che possono spingere l’uomo al bene o al male, e tra queste parla del timore del castigo, anche qui dando come evidente che il castigo esiste. Si sottolinea semmai che il timore del castigo in sé non è un atteggiamento da figli di Dio, ma non si mette affatto in discussione il fatto che il castigo ci sia.

Il quarto passo, 1964, riprende sostanzialmente lo stesso concetto allo stesso modo, riferendosi anche al rapporto tra la legge antica e il Vangelo.

Il quinto passo, 2061, citando Origene, riferendosi proprio all’iniziativa d’amore di Dio per il Suo popolo, l’Alleanza, afferma che la perdita della libertà del paradiso è avvenuta “per castigo del peccato”.

L’ultimo passo, 2090, addirittura afferma che il “timore di offendere Dio e di provocarne il castigo” è parte della virtù teologale della speranza!

Negli ultimi anni, molti hanno messo in opposizione la predicazione di papa Bergoglio alla possibilità di parlare di castighi di Dio.

L’insistenza sulla Misericordia viene vista come la negazione del castigo.

Ricordiamo però tutti come specialmente negli anni 2013-2015 in Piazza san Pietro si distribuisse la scatoletta della Misericordina, una trovata simpatica per rendere nota a tutti la devozione della Coroncina della Divina Misericordia.

Tale pratica è legata alla missione ricevuta per rivelazione mistica da Suor Faustina Kowalska, proclamata santa da San Giovanni Paolo II, che accolse anche le richieste fatte da Gesù attraverso di lei in merito a tale devozione, tra le quali l’istituzione della Domenica della Divina Misericordia nella seconda domenica di Pasqua, ossia proprio al centro dell’anno liturgico!

Il testo nel quale Santa Faustina ha comunicato le richieste fatte da Gesù è il suo Diario.

Chi legge questo diario si accorge che Gesù esorta con una impressionante insistenza ad invocare la Divina Misericordia perché c’è il pericolo di impressionanti castighi, che vengono descritti con un linguaggio molto forte.

Fra l’altro non è difficile vedere in molte di quelle descrizioni degli avvenimenti che paiono poi coincidere con quelli accaduti nell’arco della seconda guerra mondiale.

È allora evidente che la negazione del castigo di Dio come parte della fede della Chiesa Cattolica è un inganno, è una vera menzogna.

Detto questo, occorre comprendere che cosa ci dice davvero la Sacra Scrittura e la fede della Chiesa quando ci parla di castighi di Dio.

Anzitutto, prendo in prestito un concetto di San Giovanni Paolo II, espresso anche in occasione dello tsunami del 2004, ma che in realtà è stato sempre presente nel suo magistero: se l’uomo si ribella a Dio la natura si ribella all’uomo.

Questo concetto fa vedere che l’ordine stabilito da Dio va oltre un livello puramente meccanico, per cui noi, appunto, scaldiamo la terra con la chimica della nostra esistenza, e la terra si surriscalda, per esemplificare con un tema di moda.

Qui c’è un piano morale che non ha niente a che fare con le dinamiche materiali, è spirituale.

L’uomo provoca la ribellione della natura con la propria ribellione a Dio.

L’aborto, per esempio, provocherebbe ovviamente una diminuzione dei danni ecologici che l’uomo può produrre con la propria interazione meccanica col pianeta.

Ma siccome è un peccato di omicidio, provoca la ribellione della natura.

Nel Catechismo di san Pio X, per esempio, si ricordavano i peccati che “gridano vendetta al cospetto di Dio”, laddove l’identificazione di questi peccati era rigorosamente biblica. Fra questi peccati si trova l’omicidio volontario.

L’aborto è una forma abominevole di omicidio volontario.

Anche se la nuova formulazione del Catechismo non utilizza più direttamente questa espressione, questo non significa che questo sia cancellato dal magistero della Chiesa, infatti nella sostanza il nuovo Catechismo esprime le stesse verità.

Ma se noi ripercorriamo la Parola di Dio, troviamo innumerevoli passi dove si descrive il castigo di Dio per il peccato degli uomini, o singoli o come popolo, e comprendiamo in modo molto semplice il significato di questi castighi.

La chiave ci viene offerta dalla Lettera agli Ebrei (12, 6), dove viene affermato proprio l’opposto di quello che oggi viene negato: “il Signore castiga chi ama”. E il riferimento del contesto è al comportamento di un buon padre, che corregge il figlio.

Il castigo, quindi, non è un comportamento che contraddice la Misericordia di Dio, ma che la esprime nella sua pienezza.

Ripercorrendo la storia biblica, noi vediamo che Dio castiga l’umanità traviata con il diluvio, ma salva Noè, che era giusto. Quando Sodoma è piena di peccato, Dio la distrugge, ma salva Lot. Quando Dio minaccia la distruzione di Nìnive, gli abitanti, ascoltando la predicazione del profeta si ravvedono, e Dio desiste dal proposito di distruggerla. Insomma, si vede molto bene che Dio non gode della distruzione dei peccatori, ma che vuole che desistano dal loro peccato, si convertano, e si salvino!

Questo viene affermato più volte per mezzo dei profeti in modo esplicito, e Gesù poi ripetutamente lo ricorderà, con le parole e con i fatti.

Ma questo non toglie che, quando gli uomini non desistono dal peccato, i castighi arrivano.

Alcuni poi utilizzano alcune espressioni di Gesù per porle in contrapposizione all’antico testamento, facendo credere che l’antico testamento fosse la fede in un Dio che castiga e Gesù invece avrebbe presentato un Dio che perdona incondizionatamente, senza chiedere la conversione.

Uno dei pretesti per confondere i fedeli è la domanda fatta dai discepoli sul cieco nato: “chi ha peccato perché costui nascesse cieco”, e Gesù risponde: “né lui ha peccato, né i suoi genitori, ma questa cecità è perché si manifestino le opere di Dio”. Occorre ricordare che Gesù incontra anche un paralitico, e lo guarisce, e a lui dice: “Ecco che sei guarito; non peccare più, perché non ti abbia ad accadere qualcosa di peggio” (Gv 5, 14). L’evangelista è sempre Giovanni!

E nel vangelo di Luca, che tutti chiamano il vangelo della misericordia, il capitolo 13 è impressionante: “In quello stesso tempo si presentarono alcuni a riferirgli circa quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva mescolato con quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù rispose: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quei diciotto, sopra i quali rovinò la torre di Sìloe e li uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo”.

Insomma, da qui si vede in modo evidente qual è il significato del castigo, ovvero il richiamo forte, fortissimo, di Dio all’uomo, perché si converta.

Allora, tornando al paragone con il padre, che Gesù stesso fa moltissime volte, come mai un buon padre castiga un figlio?

Si tratta di una priorità di valori: se il padre sa che il suo figlio con un certo comportamento si danneggia in modo grave o irreparabile, ma il figlio non lo comprende, perché non vede il male che si può procurare, se questo padre non ha altri mezzi per far cambiare comportamento al figlio, il padre genera sofferenza nel figlio che si comporta in quel modo, sperando che il figlio cambi almeno per fuggire da quella sofferenza.

Ora, il nostro Padre del Cielo sa che il male più grave per l’uomo è la dannazione eterna, la distruzione eterna della sua felicità, della sua possibilità di amare.

Se l’uomo non capisce da solo che il peccato provoca questo male eterno e irreparabile, Dio non ha altro modo per fargli capire che quel comportamento è distruttivo, che facendogli sperimentare la distruzione di beni meno importanti, come quelli terreni.

Anche la vita del corpo non è paragonabile al valore della vita eterna!

Gesù dice: “Qual vantaggio infatti avrà l’uomo se guadagnerà il mondo intero, e poi perderà la propria anima? O che cosa l’uomo potrà dare in cambio della propria anima?” (Mt16,26)

Quando è in pericolo tutto, uno è capace di sacrificare qualunque cosa. Lo vediamo bene in questi giorni.

Ora, la vera difficoltà che noi abbiamo oggi nel comprendere il castigo è proprio questa: non riusciamo più a vedere che cosa vale di più.

L’uomo contemporaneo è stato indotto a pensare di poter vivere senza Dio, ma non senza i beni materiali.

La manifestazione di questo è il modo con cui si sta affrontando l’emergenza Coronavirus.

Alla frequenza dei sacramenti si può rinunciare, a ciò che riguarda le necessità corporali no.

E nessuno vuole capire che è vero proprio il contrario.

L’uomo è come il tralcio, senza essere attaccato alla vite non può vivere.

Così Gesù dice con estrema semplicità e chiarezza che l’uomo, di qualunque tempo, cultura, condizione, non può mai vivere senza essere unito a Lui.

Se l’uomo non vuole accettare questa verità, a Dio non resta altro mezzo che i castighi per tentare di salvarci.

Ma dai castighi ci può salvare solo il tornare a Lui.

Non certo la paura di contagiarsi attraverso la frequenza della Chiesa e dei sacramenti.

Francesco d’Erasmo

11 marzo 2020




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