Castighi e giustizia di Dio

Castighi e Giustizia di Dio

Ho tentato di condividere l’insegnamento di Gesù sul Castigo come atto d’amore di Dio, così come viene annunciato dalla Fede Cattolica.

Ritorno brevemente su questo.

Il Signore, quando non ha altro mezzo per tentare di salvarci dall’unico male vero, che è la separazione da Lui, il peccato, ci manda dei castighi temporali, proprio per aiutarci a riconoscere che l’allontanamento da Lui è male.

E’ come quando viene aggiunta la puzza al gas combustibile, che per natura sarebbe inodore. Il pericolo di una fuga di combustibile è la possibile esplosione, la puzza invece serve perché noi ci possiamo accorgere di una perdita prima che esploda. Se non puzzasse non si potrebbe riconoscere il pericolo.

Quindi i castighi sono uno dei segni della Misericordia di Dio. Egli, come ricordavo, pur avendo compassione di noi, e quindi soffrendo più di noi per i castighi che ci infligge, non rinuncia ad essi, perché vuole la nostra salvezza.

Il vero male sarebbe se noi, per essere stati risparmiati dal castigo, dovessimo allontanarci da Lui per l’eternità, causando perciò a noi stessi una sofferenza eterna.

Le mamme di Civitavecchia esprimono questo in modo molto chiaro ai figli, con una frase tipica: meglio che piangi tu ora che io dopo!

Infatti questo castigo è chiamato temporale. Riguarda solo la nostra vita terrena, è quindi passeggero. E’ un castigo pedagogico, educativo.

Anche la sofferenza in punto di morte può essere in parte un castigo, una condizione che ci aiuta a riconoscere che in noi qualcosa non va, che dobbiamo tornare a Dio, prima che sia troppo tardi.

La capacità di Dio di volere, con volontà permissiva o addirittura attiva, il castigo dell’uomo, non contraddice il Suo amore per noi, anzi manifesta il Suo amore senza limiti per la nostra salvezza eterna.

La vicenda di Lazzaro, l’amico di Gesù, evidenzia questo. Gesù sapeva che Lazzaro stava per morire, ma sceglie di non intervenire prima che muoia, affinché la morte dell’amico possa essere occasione di manifestare la Sua Gloria. Questo episodio ci mostra contemporaneamente come non ci sia freddezza da parte di Gesù nei confronti della sofferenza, ma Gesù scoppia in pianto. Dice esplicitamente: “sono contento per voi di non essere stato là, perché voi crediate”. Infatti la mancanza di fede è l’origine del peccato, la vera causa della morte, mentre la fede è l’antidoto.

Quello di Lazzaro ovviamente non era un castigo, ma ancor di più per questo si capisce che l’amore che Dio ha per noi non coincide con il fatto di risparmiarci le sofferenze necessarie per il nostro bene. Anzi. Se non c’è altra via per toccare il nostro cuore, volere questa sofferenza coincide proprio con l’amore.

Però il castigo divino non è solo quello temporale.

Il Vangelo ci mostra con chiarezza limpida la predicazione di Gesù sul castigo eterno, che egli chiama in vari modi, descrivendo con immagini una condizione di sofferenza senza limiti. Una delle immagini più ricorrenti è quella della discarica di Gerusalemme e del fuoco eterno, la Geenna

Questo castigo esprime una caratteristica ulteriore dell’amore di Dio per noi: la giustizia.

La giustizia è anzitutto una caratteristica di Dio in Sé, è nel linguaggio biblico il termine più pieno per esprimere la Santità di Dio. Dio è fedele perché è giusto. Non cambia. Non è ipocrita e menzognero. La giustizia esprime la sua pienezza.

Anche questo aspetto purtroppo è stato spesso maltrattato nella comprensione contemporanea.

Si intende infatti misericordia come tolleranza e giustizia come severità. Un po’ come se si trattasse di applicare una legge in modo duro o blando, rigido o tollerante.

Perciò si mettono queste due dimensioni in conflitto. Chi dice che Dio castiga, secondo taluni, negherebbe la Sua Misericordia.

Il fatto è che la Giustizia e la Misericordia di Dio non hanno niente a che fare con questo.

La Giustizia di Dio è il Suo rispetto perfetto, infallibile, della nostra libertà. Per questo è una cosa sola con la Sua Misericordia.

Se l’uomo si allontana da Dio perché ingannato dal demonio, o comunque senza volerlo in modo perfettamente libero, anche se il cammino per allontanarsi da Dio lo percorre liberamente, in realtà non ha scelto pienamente di allontanarsi da Dio. Questo Dio lo sa. E nella Sua Misericordia fa sì che l’uomo prenda consapevolezza della direzione in cui sta camminando e possa pentirsi. E per questo il Signore può anche usare i castighi temporali, cioè provvisori.

Ma se l’uomo si allontana da Dio, e rendendosene conto decide di continuare sulla stessa strada, finché questa diventa una decisione pienamente libera, Dio rispetta la libertà di questa persona, e quando sa che questa libertà è ormai irrevocabile, la asseconda. Questo è il castigo eterno.

Da quel punto in poi l’uomo è dannato, cioè è destinato per l’eternità a stare lontano da Dio. Non può più tornare. Come il ricco che aveva Lazzaro alla porta. Tutti i giorni lo vedeva, e mai ha voluto pentirsi di non aprire il proprio cuore.

Gesù dice con chiarezza che la condizione definitiva di quell’uomo è irrevocabile. Ma quell’uomo ha avuto tempo per pentirsi: non ha voluto!

Anche quando noi vediamo l’esito della vita degli altri, Dio ci sta manifestando quello che potrebbe avvenire a noi, se percorriamo la stessa strada. Se noi invece pretendiamo di pecorrere la stessa strada e avere un esito diverso, inganniamo noi stessi.

Questo è ciò che la Chiesa chiama castigo eterno, o inferno.

E’ il segno supremo della Giustizia di Dio.

Dio, che ha creato l’uomo per amarlo e riempirlo della Sua Vita Divina, rinuncia a compiere il Suo Disegno per non forzare la libertà di quella persona. Dio rispetta quella libertà, perché è giusto.

In realtà Dio condanna quell’uomo al castigo eterno proprio per il Suo immenso Amore.

Ama la libera volontà di quell’uomo più di quello che Egli stesso aveva progettato per Lui.

Che amore sarebbe, se gli togliesse la libertà vera di scegliere di allontanarsi da Lui per sempre? Sarebbe piegare l’uomo, non rispettarlo.

E sarebbe anche profondamente ingiusto. Come se dicesse all’uomo: ti do la libertà. Ma quando l’uomo usa la libertà diversamente da come vuole Dio gliela togliesse.

Per questo, anche l’inferno è eterno, come il paradiso, non ha fine. Perché se avesse una fine anche la libertà di quella persona cesserebbe, e questo sarebbe ingiusto.

Allora chi oggigiorno cerca di negare questo insegnamento del Vangelo, che la Chiesa proclama, finge di volerci bene, evitando di spaventarci, ma in realtà vuole privarci della libertà che Dio ci ha dato, una libertà vera, piena. Se poi a farlo è un uomo di Chiesa, ci sta ingannando. Forse sta ingannando pure se stesso.

Se infatti la dottrina sull’inferno fosse una cosa cattiva, come avrebbe potuto Dio manifestarla a tre bambini innocenti attraverso la Vergine Maria? La visione dell’inferno è stata infatti la prima parte del segreto di Fatima rivelato ai pastorelli il 13 luglio 1917.

Allora vediamo che questa Giustizia del castigo eterno è lo stesso amore che si manifesta nella Misericordia.

La differenza non è nell’atteggiamento di Dio verso le persone. Con uno condanna, con l’altro Misericordia.

L’amore è lo stesso, e rispettando la nostra libertà, taluni li danna, taluni li salva, secondo quello che noi stessi scegliamo!

Quell’uomo che si allontana da Dio, ma non ha scelto nella pienezza della sua libertà di farlo, ha da Dio l’occasione di tornare.

Perfino nel momento della morte! Ecco cosa significa il Purgatorio.

Per questo Dio ci avverte di non giudicare mai nessuno. Egli solo scruta il cuore di ogni uomo.

Quella persona che fosse arrivata impreparata in punto di morte, ma se ne pente, perché rendendosi conto del cammino percorso capisce che non era quel che voleva, riceve anche dopo la morte una possibilità di riavvicinarsi a Dio fino alla perfetta comunione con Lui.

Ecco allora il significato di quell’invito pressante della Madonna a Fatima, affinché preghiamo per le anime del Purgatorio.

Il Signore, in virtù della Comunione dei Santi, permette a noi di collaborare al perfezionamento della unione delle anime di questi defunti con Lui stesso.

Ma quella persona che ha vissuto vicino a Dio tutta la vita, e poi decide di allontanarsi, disprezza il dono di Dio, e se la morte lo coglie in quella condizione, si danna. Ha infatti conosciuto il dono di Dio, e lo ha calpestato.

Gesù per esempio, parlando di Giuda, che ha conosciuto il Figlio di Dio, ma lo ha tradito, dice che sarebbe stato meglio per lui non essere mai nato.

Infatti, in quel caso non avrebbe patito un castigo eterno. Se invece l’inferno non esistesse, o fosse l’annientamento della persona, la frase di Gesù non avrebbe senso.

Ecco allora il significato della vendetta di Dio. Anch’essa non è altro che la manifestazione della Sua Giustizia, del rispetto sconfinato che Dio ha per la nostra dignità di persone libere.

Se uno offende Dio, lo tratta come nemico. Se questa offesa è libera, senza pentimento, Dio rispetta l’inimicizia dell’uomo, lo tratta come il nemico che lui stesso ha scelto di essere davanti a Dio.

Ecco perché non è del Dio della Giustizia che dobbiamo diffidare.

Egli ci ama davvero senza misura, anzi ha offerto Se Stesso per darci l’ultima occasione di tornare a Lui, espiando le nostra colpe al posto nostro, in modo che nemmeno la paura della pena possa trattenerci dal tornare.

Diffidiamo piuttosto di chi ci presenta un falso dio, che è indiffernte alla nostra libera scelta, che in realtà renderebbe nulla tutto quello che noi siamo, togliendo valore alla nostra esistenza, rendendo la libertà una finzione vana.

Chi ci presenta una tale caricatura di Dio ci vuole schiavi, e la schiavitù non è mai per un bene.

E’ un trucco per sottometterci a sé.

Il giusto invece, che sa che Dio è Giusto, non ha paura di nessuno, perché la sua causa è affidata in buone mani.

Il Signore ascolta la sua voce.

Cfr. Dn 13 e Gv 8

Francesco d’Erasmo

Tarquinia, 30 marzo 2020

Lunedì della V settimana di Quaresima, I di Passione

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